Zaia: “In Veneto il picco dell’epidemia tra il 15 e il 20 novembre”

Il governatore del Veneto Luca Zaia annuncia sanzioni per medici di base e pediatri che si rifiuteranno di eseguire i tamponi in ambulatorio.

2 Novembre 2020 18:00

Il Veneto non rientra al momento tra le Regioni a rischio lockdown, ma la situazione nella Regione governata dal leghista Luca Zaia sia tranquilla. Tutt’altro. Oggi il bollettino ufficiale parla di 1.544 nuovi contagi su 7.831 tamponi, 9 vittime e 136 persone in totale nei reparti di terapia intensiva.

Questo, però, ha permesso a Zaia di affermare con sicurezza che non ci sono i presupposti per parlare di lockdown né di ulteriori limitazioni per i cittadini veneti, confermando di fatto quanto emerso stamattina dalla riunione Stato-Regioni:

In questo momento non intravediamo soluzioni con lockdown stile marzo, non ci sono i presupposti e non ho sentito la parola “lockdown” durante le riunioni. Le misure nazionali devono riguardare temi nazionali, ci sembra di capire che a Roma aspettano la discussione in Parlamento, dopodiché ci sarà una nuova riunioni con Regioni, Comuni e Province per una proposta. Noi siamo pronti a dar corso ad eventuali restrizioni ma non di sicuro sul fronte delle attività produttive. Ossia tutte le attività che si fermerebbero in un lockdown, poi al tavolo di contrattazione potrebbero esserci pressioni per le limitazioni degli orari.

Per il governatore del Veneto il nuovo picco dell’epidemia, almeno nella Regione, arriverà a breve, forse già tra il 15 e il 20 novembre prossimo, almeno secondo i calcoli che gli esperti a cui ha deciso di affidarsi Zaia hanno fatto:

Anche a Marzo il 21 febbraio inizia, il 29 marzo abbiamo il picco, questi processi durano dai 70 ai 90 giorni. Se così fosse vuol dire che potremmo pensare a un picco intorno al 15-20 novembre. Questa previsione è fatta prendendo in considerazione lo status quo, non considerando le eventuali misure restrittive, ovviamente nel frattempo possono esserci variabili non prevedibile, è un ragionamento statistico. Se continuasse così ci attesteremmo con un picco inferiore rispetto a marzo, ma il “se” è d’obbligo, l’evoluzione del virus è molto variabile.

Sanzioni per i medici che rifiuteranno di eseguire i tamponi

Zaia ha già fatto scattare la fase 3 del nuovo Piano Sanità Pubblica e ha firmato un’ordinanza con cui ha dato il via ai tamponi fatti da medici di base e pediatri. Tamponi rapidi, s’intende, che aiuteranno a ridurre il carico sulle strutture in cui si effettuano i tamponi. All’appello di Zaia hanno risposto 650 medici su 3.150, ma il governatore leghista ha precisato oggi in conferenza stampa che tutti i medici saranno obbligati. Non solo: chi si rifiuterà di aderire per tutta una serie di motivazioni – a cominciare dal rischio per gli ambulatori che si trovano in palazzi abitati – andrà incontro a sanzioni:

Chiunque fa quella professione, anche se non ha firmato, ha l’obbligo di fare quello che è stato fissato in quel contratto. Qui nessuno ha offeso i medici di base, ma il contratto prevede che i dottori hanno l’obbligo di fare i tamponi e anche un ristoro economico di 18 euro a test in ambulatorio e 12 se fuori dall’ambulatorio, più ore aggiuntive degli infermieri.

Zaia ha sottolineato che effettuare i controlli sarà molto semplice:

Ogni settimana, visto che è tutto informatizzato, vi darò i dati: quanti medici hanno fatto i tamponi, chi ne ha fatti zero e via dicendo. Uno non può rifiutarsi e verranno sanzionati perché lo prevede la legge, non mi pare di aver detto alcuna eresia. Se per assurdo decidessimo che 30mila tamponi al giorno li facessero i medici ai mutuati, sarebbero 10 tamponi al giorno. Mi sembra affrontabile questa questione.

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