Olimpiadi 2021, l’Italia è salva: azzurri a Tokyo con inno e bandiera

Il governo ha ristabilito l’autonomia del Coni dall’esecutivo: scampato il pericolo di vedere gli atleti italiani da indipendenti alle Olimpiadi.

26 Gennaio 2021 17:32

A metterla così può sembrare strano, ma il governo Conte 2, con l’ultimo atto della sua esistenza, ha messo in salvo l’inno di Mameli. E questo cancellando il provvedimento del governo Conte 1 che lo aveva messo a rischio. Chiariamo: nessuno ha mai pensato di eliminare, modificare o sostituire “Il canto degli italiani”. Semplicemente, se non fosse intervenuto l’ultimo dei tanti decreti dell’esecutivo dimissionario, l’inno nazionale sarebbe stato bandito dalle Olimpiadi di Tokyo e gli atleti italiani non avrebbero potuto gareggiare sotto il tricolore, ma solo come indipendenti. E questo a causa del provvedimento con cui, nel 2018, il governo gialloverde aveva trasformato la “Coni Servizi” in “Sport e Salute spa“, facendo tornare sotto l’ala di Palazzo Chigi 368 dei 408 milioni riservati allo sport (quindi al Coni).

Il governo avrebbe quindi deciso come ridistribuire quei milioni alle varie federazioni, mentre al Comitato olimpico, che fino ad allora aveva avuto la totale autonomia finanziaria delle sue risorse, sarebbero rimasti solo i fondi necessari per lo sport di vertice e la preparazione olimpica. Alla Sport e Salute, poi, sarebbero passati alcuni immobili, dipendenti e disponibilità prima di proprietà del Coni. “È stato ucciso il Coni“, il commento del presidente Giovanni Malagò. “Non stiamo togliendo soldi a Malagò. Non sono soldi suoi né miei ma degli italiani. Saranno utilizzati al meglio per lo sport italiano“, il commento dell’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport Giancarlo Giorgetti (Lega).

Le ammonizioni del Cio

Il Comitato Olimpico Internazionale, però, ha da subito ritenuto questa norma in contrasto con l’articolo 27 della Carta Olimpica, secondo il quale un Comitato Olimpico Nazionale (in questo caso il Coni) può collaborare con il governo di riferimento, ma ne deve rimanere autonomo. La mancata autonomia di un comitato olimpico può causare l’esclusione di una nazione alle Olimpiadi, e può impedire a uno Stato di ospitare i giochi invernali o estivi.

Chiaro come, con il passaggio dell’amministrazione dei fondi dal Coni al governo, sia impossibile considerare lo sport indipendente dal potere politico. Il 30 dicembre 2018 viene emanata la Legge di Stabilità che crea la Sport e Salute spa, il 24 giugno seguente le Olimpiadi invernali del 2026 vengono assegnati a Milano-Cortina. Bach, in un colloquio privato con Conte, sottolinea come la legge italiana sia contro la Carta olimpica, il presidente del Consiglio rassicura circa il superamento dell’impasse.

Ad agosto però il Cio invia una lettera durissima al Coni, esprimendo “serie preoccupazioni” sulla legge, che “intaccherebbe chiaramente l’autonomia del Coni in sei punti“. Una situazione che potrebbe costringere il Comitato Olimpico Internazionale a sospendere il Coni, con la conseguenza di togliere le Olimpiadi a Milano e Cortina e impedire agli atleti italiani di partecipare a quelle di Tokyo sotto il tricolore. Una beffa per la Lega, che ha spinto fortissimamente sulla candidatura delle due città ai giochi del 2026 ma che contemporaneamente, con Giorgetti, ha avuto il principale promotore di questa situazione caotica. Forse, però, non si pensava che il Cio potesse arrivare seriamente a

Col governo giallorosso

La situazione non è poi cambiata neanche con il nuovo esecutivo, e gli scontri tra il ministro Vincenzo Spadafora e Giovanni Malagò non sono mancati. La pandemia ha fatto saltare le Olimpiadi del 2020 rimandandole all’estate 2021, ma nel frattempo i rapporti tra Sport e Salute e il Coni non sono cambiati. Anzi, la riforma dello Sport presentata dallo stesso Spadafora viene bocciata tanto dalla maggioranza quanto dalle singole federazioni: una riforma che, da quanto rivelato da Repubblica e Fatto Quotidiano, sembrava in certi punti ispirata da Malagò (l’assegnazione al Coni del Palazzo H del Foro Italico, la scomparsa dell’incompatibilità che metteva in pericolo la sua presidenza a Milano-Cortina, il ritorno ai tre mandati per la presidenza), e che lo stesso Malagò ha fortemente caldeggiato.

Niente da fare. “Ho il dubbio che la negatività dei vostri giudizi sul testo unico della legge di riforma dello sport dipenda dal rinnovamento della governance. Negli ultimi mesi ho potuto constatare quale fosse la cifra delle preoccupazioni della classe dirigente“, le parole del ministro. Il Cio ribadisce: “La legge italiana è contraria alla Carta Olimpica“. Il 27 gennaio, cioè domani, il Cio avrebbe trattato il caso Italia e deciso probabilmente per l’esclusione dalle prossime Olimpiadi.

Il decreto in extremis

Oggi, invece, l’esecutivo uscente ha emanato un decreto con cui ha attribuito al Coni una propria dotazione organica di personale, anche a livello dirigenziale, con trasferimento dei dipendenti di Sport e Salute al Comitato Olimpico Nazionale, oltre che degli impianti sportivi e fabbricati individuati in maniera specifica. Di fatto, la soluzione era già prevista nel testo sulla governance non approvato a fine novembre, a causa della rottura nella maggioranza tra Pd-Iv e 5 Stelle sul punto dell’incompatibilità, che avrebbe impedito a Malagò di ricandidarsi alla fine del mandato. Al Coni, poi, torneranno i centri di preparazione olimpica dell’Acqua Acetosa a Roma, di Tirrenia e di Formia. Ma, soprattutto, saranno stanziati più dei 40 milioni attualmente destinati al Comitato Olimpico. Caso chiuso, si spera.

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