L’UE si divide sulla liberalizzazione dei brevetti sui vaccini. Il NO di Merkel

La discussione sulla liberalizzazione dei brevetti sui vaccini anti-COVID entra nel vivo. Quali sono le ragioni del sì e quelle del no.

7 Maggio 2021 10:27

Il fronte dei sostenitori di una liberazione temporanea dei brevetti sui vaccini anti-COVID è cresciuto nel corso di questi ultimi mesi. Gli appelli si rinnovano da tempo e la posizione dei Paesi più in difficoltà sul fronte dei vaccini, a cominciare dall’India e dal Sudafrica, era stata appoggiata anche da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite fin dallo scorso anno. Chi aveva il potere di decidere e fare pressioni, però, aveva fatto orecchie da mercante.

L’UE si è sempre detta fortemente contraria a questa ipotesi, al punto che lo scorso 12 marzo tutti i Paesi occidentali avevano votato contro la deroga sui brevetti per la produzione di vaccini contro il COVID-19. Tra i Paesi dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) che si erano detti contrari c’erano gli Stati Uniti di Joe Biden, il Regno Unito e anche i 27 Paesi membri dell’UE, che di fatto hanno sposato la linea della Commissione Europea.

Il 12 marzo erano tutti contrari, oggi la situazione è un po’ cambiata. È bastato il passo indietro degli Stati Uniti per far spuntare una serie di sostenitori di questa possibilità. L’Italia si è subito accodata a Biden, e lo stesso hanno fatto la Francia di Macron. Anche la Russia di Putin si è detta pronta ad appoggiare la proposta e la Commissione Europea, fortemente contraria fino a pochi giorni fa, ora è pronta a discutere la proposta degli Stati Uniti.

E la proposta di Biden sarà al centro del vertice informale dei leader europei in programma tra oggi e domani a Porto, in Portogallo.

Le ragioni del sì alla liberalizzazione dei brevetti sui vaccini

Liberalizzare temporaneamente i brevetti sui vaccini significherebbe permettere alle aziende di tutto il Mondo che ne abbiano la capacità di mettersi a produrre i vaccini contro il COVID-19. Questo aumenterebbe le capacità produttive dei sieri salvavita e aumenterebbe l’accesso ai vaccini anche nei Paesi più poveri che, oggi, devono attendere le donazioni dei Paesi più ricchi e ben più avanti con la campagna di vaccinazione.

Più vaccini vengono prodotti, più velocemente il Mondo intero può essere immunizzato. E più velocemente si tornerà ad una semi-normalità, con meno disparità tra i Paesi ricchi e i Paesi più poveri.

Le ragioni del no alla liberalizzazione dei brevetti

Semplice a dirsi, un po’ meno a farsi. Contestare la proprietà intellettuale sui brevetti dei vaccini già messi a punto rischierebbe di togliere alle aziende produttrici degli stessi sieri la motivazione ad espandere le proprie capacità produttive e di ricerca – e arricchirsi nel farlo – ma il problema non è soltanto economico o legato all’innovazione.

La Germania di Angela Merkel, e con essa anche l’industria farmaceutica, sostiene che i limiti produttivi attuali non sarebbero legati ai brevetti, ma alle capacità produttive e agli alti standard qualitativi necessari per produrre un vaccino anti-COVID, soprattutto i sieri a mRNA come quello di Pfizer/BioNTech o di Moderna.

Sono i componenti a scarseggiare, dagli enzimi ai lipidi e ai nucleotidi necessari per i vaccini mRNA. E il problema non è soltanto la penuria dei componenti, che resterebbe anche se a produrre i vaccini fossero tutte le aziende del Mondo. La produzione di un vaccino, spiegano gli esperti, non è un’operazione semplice e liberalizzare i brevetti non sarebbe sufficiente ad aumentare la produzione. Le aziende che producono i vaccini non dovrebbero soltanto condividere i brevetti con chi intenderà mettersi a produrre i sieri anti-COVID, ma anche le competenze necessarie alla produzione al fine di garantire uno standard di alto livello che non ponga rischi alla salute dei cittadini.

Al di là dei problemi legati alla produzione, liberalizzare i brevetti anche soltanto per un periodo limitato di tempo metterebbe le aziende produttrici sul piede di guerra e la decisione potrebbe portare ad opposizioni legali che potrebbero durare mesi, se non anni. Tempo prezioso che il Mondo, oggi, non può permettersi di perdere.

Il dibattito è più acceso che mai e nei prossimi due giorni almeno tra i Paesi dell’UE si potrebbe arrivare ad un accordo di massima basato su una mediazione tra i sostenitori e i detrattori della proposta degli Stati Uniti.

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