La Germania userà i trattamenti contro il COVID già testati su Trump. Di cosa si tratta?

In Germania al via l’uso di emergenza dei trattamenti contro il COVID-19 a base di anticorpi monoclonali. Acquistate 200mila dosi.

24 Gennaio 2021 18:01

La Germania sarà il primo Paese europea ad utilizzare i trattamenti sperimentali contro il COVID-19 a base di anticorpi monoclonali, gli stessi utilizzati lo scorso anno per curare il Presidente USA Donald Trump subito dopo la comparsa dei primi sintomi dell’infezione da SARS-CoV-2.

L’annuncio è stato fatto oggi dal Ministro della Salute tedesco Jens Spahn dalle pagine del quotidiano Bild am Sonntag: il governo tedesco ha acquistato 200mila dosi del trattamento sperimentale per una cifra di 400 milioni di euro – ben 2mila euro per ciascuna dose – dalle due aziende statunitensi che li hanno messi a punto, la Regeneron Pharmaceutical e la Eli Lilly, e punta alle prime somministrazioni già nel corso della prossima settimana.

I due trattamenti sperimentali contro il COVID-19 non hanno ancora ricevuto il via libera, neanche all’utilizzo in caso di emergenza, dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ma l’ente regolatore tedesco, il Paul Ehrlich Institute (PIE), ha determinato che l’uso del cocktail di anticorpi monoclonali può essere permesso in linea di principio caso per caso se i dottori riterranno opportuno “prevenire i sintomi gravi o l’ospedalizzazione tra determinati gruppi a rischio“.

In giornata la portavoce del Ministero della Salute ha precisato che le prime dosi saranno distribuite agli ospedali delle università della Germania nel corso della settimana e che i pazienti per i quali si ritiene necessaria la somministrazione della terapia la riceveranno gratuitamente.

I due trattamenti sperimentali contro il COVID-19: Bamlanivimab e REGN-COV2

Ad oggi sono due i trattamenti sperimentali a base di anticorpi monoclonali che hanno già ricevuto l’autorizzazione all’uso di emergenza negli Stati Uniti: il Bamlanivimab e REGN-COV2, messi a punto da due diverse aziende farmaceutiche statunitensi, la Regeneron Pharmaceutical e la Eli Lilly. Si tratta a tutti gli effetti di proteine prodotte in laboratorio in grado di imitare la capacità del sistema immunitario di combattere antigeni nocivi come i virus, in questo caso specifico il virus SARS-CoV-2.

Il Bamlanivimab di Eli Lilly e AbCellera Biologics era stato autorizzato all’uso di emergenza nel novembre scorso dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti, che pochi giorni dopo aveva rilasciato la stessa autorizzazione anche per il cocktail di anticorpi monoclonali casirivimab e imdevimab – noti anche come REGN10933 o REGN10987 – della Regeneron Pharmaceutical, ribattezzato REGN-COV2. Proprio quest’ultimo, prima del via libera all’uso di emergenza, era stato alla base della terapia somministrata all’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump subito dopo la conferma della sua positività al COVID-19 e la comparsa dei primi sintomi.

Cosa è emerso dagli studi su Bamlanivimab e REGN-COV2

Gli studi condotti da Eli Lilly e Regeneron Pharmaceutical sugli anticorpi monoclonali alla base dei trattamenti hanno dimostrato efficacia sui pazienti colpiti dall’infezione, in particolare se somministrati nella prima fase del contagio. Il risultato è stato che i pazienti a cui è stata somministrata la terapia sperimentale non hanno sviluppato i sintomi più gravi dell’infezione e la loro carica virale si è ridotta in tempi brevi. Non solo. Stando allo studio pubblicato sulla rivista scientifica Science alla fine di novembre, il cocktail di anticorpi monoclonali di Regeneron Pharmaceutical è stato in grado di ridurre i danni biologici provocati dall’infezione su macachi e criceti.

Negli Stati Uniti l’autorizzazione all’uso di emergenza era valida soltanto per i pazienti ad alto rischio: quelli con più di 65 anni di età, un indice di massa corporea superiore a 35 o quelli colpiti da altri disturbi cronici come il diabete o altre malattie cardiovascolari. Sconsigliato invece l’utilizzo del cocktail per i pazienti già ospedalizzati e quelli in ossigenoterapia a causa del COVID-19.

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