Come cambia la cura dei pazienti COVID a casa: le nuove linee guida del Ministero

Il Ministero della Salute ha aggiornato le linee guida per la cura dei pazienti COVID-19 a casa, coi farmaci consigliati e quelli da evitare.

27 Aprile 2021 18:54

La cura dei pazienti COVID-19 a casa è un aspetto fondamentale della gestione della pandemia. Migliore è la gestione dei pazienti con sintomi lievi tra le quattro mura domestiche, minore è il rischio di saturazione degli ospedali e dei reparti COVID di tutta Italia. Dall’inizio della pandemia ad oggi sono stati fatti passi da gigante e anche le direttive fornite ai medici di medicina generale dalle autorità sanitarie sono cambiate nel tempo.

Ieri il Ministero della Salute ha aggiornato ancora una volta le linee guida per la gestione del paziente sintomatico e asintomatico a domicilio sulla base delle ultime evidenze scientifiche.

classificazione infezione COVID-19

Il decorso clinico dell’infezione da SARS-CoV-2

Il documento mette nero su bianco le tre fasi del decorso clinico dell’infezione da SARS-CoV-2, che nei casi più lievi si limita alla prima fase.

  • FASE 1. SARS-CoV-2 inizia la replicazione. In un’elevata percentuale di casi, specie nei soggetti più giovani, l’infezione è del tutto asintomatica. Nei casi sintomatici, questa fase si caratterizza clinicamente per la presenza di malessere generale, febbre e tosse secca. I casi in cui il sistema immunitario dell’ospite riesce a bloccare l’infezione in questo stadio (la maggior parte) hanno un decorso assolutamente benigno;
  • FASE 2. Alterazioni morfo- funzionali a livello polmonare causate sia dagli effetti citopatici del virus sia dalla risposta immunitaria dell’ospite. Tale fase si caratterizza per un quadro di polmonite interstiziale, molto spesso bilaterale, associata ad una sintomatologia respiratoria che nella fase precoce è generalmente limitata, ma che può, successivamente, sfociare verso una progressiva instabilità clinica con insufficienza respiratoria. Il fenomeno della cosiddetta “ipossiemia silente”, caratterizzato da bassi valori di ossigenazione ematica in assenza di sensazione di dispnea soggettiva, è caratteristico di questa fase di malattia;
  • FASE 3. Per un numero limitato di persone si va verso un quadro clinico ingravescente dominato dalla tempesta citochinica e dal conseguente stato iperinfiammatorio, che determina conseguenze locali e sistemiche e rappresenta un fattore prognostico negativo producendo, a livello polmonare, quadri di vasculopatia arteriosa e venosa con trombizzazione dei piccoli vasi ed evoluzione verso lesioni polmonari gravi e, talvolta, permanenti (fibrosi polmonare). Le fasi finali di questo gravissimo quadro clinico portano ad una ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome) grave e in alcuni casi all’innesco di fenomeni di coagulazione intravascolare disseminata.

Fin dalla fase 1 il ruolo dei medici di medicina generale e dei pediatri è fondamentale. Loro sono chiamati a segnalare subito i casi sospetti alle aziende sanitarie locali e richiedere l’esecuzione dei test diagnostici. In caso di esito positivo, devono partire il monitoraggio e la gestione domiciliare dei pazienti che non richiedono l’ospedalizzazione.

Il contatto costante coi pazienti servirà all’identificazione precoce di parametri e/o condizioni cliniche a rischio di evoluzione della malattia con conseguente necessità di ospedalizzazione. Le linee guida parlano di un monitoraggio quotidiano di ciascun paziente “anche attraverso approccio telefonico o in forma di televisita, soprattutto nei pazienti sintomatici lievi per i quali tale monitoraggio è “fondamentale poiché circa il 10-15% dei casi lievi progredisce verso forme severe“.

L’utilizzo del pulsossimetro è fondamentale perchè i pazienti affetti da COVID-19 a maggior rischio di mortalità sono quelli che si presentano con livelli più bassi di ossigenazione ematica:

La pulsossimetria domiciliare, eventualmente associata a una valutazione sotto sforzo in casi selezionati (ad esempio con il “test della sedia” o con il “test del cammino”, vedi sotto), fornisce un’informazione medica di cruciale importanza per identificare la cosiddetta “ipossiemia silente”, cioè la condizione clinica caratterizzata da bassi livelli ematici di ossigeno in assenza di significativa sensazione soggettiva di dispnea e di rilevazione di segni di iniziale impegno respiratorio.

Il valore soglia di sicurezza per un paziente COVID-19 a domicilio è fissato al 92% di saturazione dell’ossigeno (SpO2) in aria ambiente, e non più il 94% indicato in precedenza:

Il paziente dovrà essere istruito sulla necessità di comunicare una variazione dei parametri rispetto al baseline e, in particolare, dovrà comunicare valori di saturazione di ossigeno inferiori al 92%. Qualora venga esclusa la necessità di ospedalizzazione, potrà essere attivata, con tutte le valutazioni prudenziali di fattibilità del caso, la fornitura di ossigenoterapia domiciliare.

I farmaci consigliati per trattare l’infezione da COVID a casa

A seconda della fase della malattia in cui il paziente si trova sono due le tipologie di farmaci raccomandati dall’AIFA:

Paracetamolo o Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei possono essere utilizzati in caso di febbre o dolori articolari o muscolari (a meno che non esista chiara controindicazione all’uso).

Corticosteroidi. L’uso dei corticosteroidi a domicilio può essere considerato nei pazienti che presentano fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia e qualora non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere.

Eparine. L’uso delle eparine (solitamente le eparine a basso peso molecolare) nella profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente medico con infezione respiratoria acuta e ridotta mobilità è raccomandato dalle principali linee guida e deve continuare per l’intero periodo dell’immobilità.
L’utilizzo routinario delle eparine non è raccomandato nei soggetti non ospedalizzati e non allettati a causa dell’episodio infettivo, in quanto non esistono evidenze di un benefico clinico in questo setting di pazienti / fase di malattia. Nel caso di soggetto allettato possono essere usati i dosaggi profilattici dei vari composti eparinici disponibili.

I farmaci sconsigliati per trattare l’infezione a casa

Antibiotici. L’utilizzo routinario di antibiotici non è raccomandato.
Oltre ai casi nei quali l’infezione batterica è stata dimostrata da un esame colturale, l’uso di tali farmaci può essere considerato solo se il quadro clinico fa sospettare la presenza di una sovrapposizione batterica.

Idrossiclorochina. L’utilizzo di clorochina o idrossiclorochina non è raccomandato né allo scopo di prevenire né allo scopo di curare l’infezione.
Gli studi clinici randomizzati a oggi pubblicati concludono per una sostanziale inefficacia del farmaco a fronte di un aumento degli eventi avversi, seppure non gravi. Ciò rende negativo il rapporto fra i benefici e i rischi dell’uso di questo farmaco.

Lopinavir / ritonavir Darunavir / ritonavir o cobicistat. L’utilizzo di lopinavir / ritonavir o darunavir / ritonavir o cobicistat non è raccomandato né allo scopo di prevenire né allo scopo di curare l’infezione. Gli studi clinici randomizzati a oggi pubblicati concludono tutti per un’inefficacia di questi approcci farmacologici.

Attualità