Regno Unito: -40% di casi in una settimana. La rivincita di Boris Johnson

La strategia vincente sancisce la sua rivincita politica: nei sondaggi a +7% sul suo avversario

pubblicato 28 Febbraio 2021 aggiornato 1 Marzo 2021 10:54

Se solo un anno fa avessimo letto che la Gran Bretagna sarebbe stata – probabilmente – fuori dall’emergenza Coronavirus entro l’estate, avremmo pensato a un errore.

Invece, undici mesi dopo, il Regno Unito può contare 20 milioni di persone a cui è stata somministrata la prima dose del vaccino, e una discesa dei casi dell’ultima settimana pari al 40%.

Boris Johnson, il premier che aveva pensato di affrontare il Coronavirus senza alcuna chiusura così da raggiungere prima l’immunità di gregge, e che per questo era stato etichettato come un folle, oggi ha la sua rivincita.

La sua è la nazione con più somministrazioni di vaccino in Europa, circa un terzo dell’intera popolazione, seconda solamente a Israele. Nelle ultime 24 ore, in Gran Bretagna sono stati registrati 6.035 nuovi casi di Covid, l’aumento giornaliero più basso dallo scorso settembre, con appena 144 morti.

La campagna vaccinale sta funzionando e, un anno dopo, la strategia di BoJo è quella presa a modello dai leader europei, Mario Draghi in testa.

Come lo stesso virologo Andrea Crisanti precisa, di fronte all’evidenza che il metodo britannico di somministrare solo la prima dose, allungando da 4 a 12 settimane il tempo entro cui inoculare la seconda, funziona, e lo si dovrebbe attuare anche in altri paesi.

Anche se non tutti i pareri convergono su questo, c’è un dato politico che fa la differenza: stando agli ultimi sondaggi pubblicati, Johnson pare essere in vantaggio sul sul leader dell’opposizione laburista Keir Starmer di sette punti percentuali (43 a 36, fonte YouGov.co.uk).

Il piano vaccinale britannico si è composto di tre grandi mosse.

La prima è stata burocratica: proprio come accaduto per l’Europa, gli enti che dovevano validare i vaccini hanno impiegato un tempo di gran lunga inferiore alla normalità per farlo.

La seconda è la tanto discussa capacità di procurarsi in breve tempo abbastanza dosi da inoculare la gran parte della popolazione, al punto che oggi Londra può fornire quelle in eccedenza ai paesi emergenti.

In ultimo, cosa sicuramente più importante, ha messo su una rete capillare di distribuzione dei vaccini al punto da riuscire a somministrarli ogni giorno a 400/500 mila persone: in Italia sono 100.000 (fonte Lab24.it).

Il tutto per mezzo di una serie di volontari e anche e soprattutto dell’impiego dell’esercito.

I DUBBI SULLA STRATEGIA

C’è da dire che la scelta fatta da Johnson è stata possibile grazie all’ente che deve approvare i vaccini per il Regno Unito.

La strategia della prima inoculazione, però, è ancora molto discussa, sia sui giornali scientifici per eccellenza, come la rivista Lancet, che dai medici, come il primario del Sacco di Milano Massimo Galli.

In Europa, la questione si complica perché non basta – ovviamente – che qualcuno faccia una mossa politica. Il nodo consiste nel fatto che l’Ema, l’ente europeo che si occupa di validare i vaccini, ha dato il via libera al vaccino nella modalità prevista delle due inoculazioni a distanza di 4 settimane.

Per questo, per cambiare la strategia, prima di tutto serve una revisione di quegli accordi.

GLI ERRORI DEL PASSATO

Il forte consenso acquisito nelle ultime settimane dal Premier, però, è anche legato alla strategia di ristoro che il suo ministro del Tesoro, Rishi Sunak ha messo in atto, fornendo un supporto pari a 18mila sterline ad azienda.

Una mossa importante, che consente a Johnson di riguadagnare terreno e provare a distaccarsi da quella che rimane la pessima conduzione della prima ondata: oggi il Regno Unito conta 100.000 morti di Covid, per la maggior parte relativi ai primi mesi di pandemia. E quelli di certo non possono non contare.

 

 

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