Perché affidarsi alla scienza per capire il caso AstraZeneca

Niente panico, ma cerchiamo di capire cosa è accaduto con il vaccino AstraZeneca. E perché i dati contano

pubblicato 14 Marzo 2021 aggiornato 15 Marzo 2021 11:23

Come si eliminano paura e incertezza? Osservando la realtà. Partiamo dunque da qui per cercare di comprendere quale sia la dinamica che ha portato il vaccino AstraZeneca al centro del dibattito pubblico.

Come ripete spesso Roberto Burioni, virologo del San Raffaele di Milano, «la scienza non è democratica». Ciò non significa che la scienza sia elitaria, ma che ciò che è connesso al mondo scientifico dovrebbe essere discusso e spiegato soltanto da chi sa di cosa parla perché lo ha studiato e compreso. La presenza di molte voci inesperte su un certo tema può creare confusione, alimentando dubbi e timori. In una situazione complicata come quella che stiamo vivendo, tra molte incertezze, è quindi fondamentale riferirsi a fonti attendibili. Quali sono le fonti attendibili? Quelle che permettono di verificare come si sia giunti a una certa informazione e che spiegano, in caso di opinioni, come si è sviluppato un certo ragionamento. In una parola: servono i dati.

COS’È SUCCESSO CON IL VACCINO ASTRAZENECA

Giovedì 11 marzo l’Agenzia Italiana del Farmaco ha pubblicato un comunicato stampa in cui comunicava il ritiro del lotto ABV2856 del vaccino AstraZeneca. La decisione è stata presa, come si legge nella nota, «in via precauzionale», ed è stata determinata da segnalazioni «di alcuni eventi avversi gravi, in concomitanza temporale con la somministrazione di dosi» del lotto. Al momento, come precisato da AIFA, non è stato stabilito alcun nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino e gli eventi avversi. Qui puoi leggere il comunicato.

Delle tre morti “sospette” avvenute in Italia, si avrebbe già certezza che un caso non sarebbe riconducibile alla somministrazione del vaccino. Ruggero Razza, assessore alla Salute della regione Sicilia, rispondendo a una domanda di un giornalista di PalermoToday riguardante il rapporto causa-effetto tra il vaccino Astrazeneca e uno dei decessi, ha infatti precisato che «l’unica autopsia che sembra avere già dato una valutazione dice il contrario». Le altre autopsie non sono invece ancora state svolte.

Il 7 marzo il ministero della Salute austriaco (Federal Office for Safety in Health Care), aveva spiegato in una nota di avere ricevuto due report che indicavano eventi avversi gravi di tipo circolatorio in due donne che avevano ricevuto vaccini del lotto ABV5300 di AstraZeneca. Nel comunicato viene specificato che non esistono, al momento, evidenze di rapporto causa-effetto tra i problemi di salute verificatesi e la somministrazione del vaccino:

«Basandoci sui dati clinici non può essere stabilita una relazione casuale, poiché gli eventi trombotici non rientrano negli effetti collaterali tipici o noti come conseguenza della vaccinazione. Riferendoci alle conoscenze attuali, i dati clinici non mostrano dunque alcun dato o segnale preoccupante, se comparati con quanto verificatosi nel gruppo che aveva ricevuto il placebo. Nell’analisi internazionale avviata non sarebbero poi emersi altri casi simili».

Perché dunque l’Austria ha deciso di sospendere la somministrazione del lotto ABV5300 del vaccino di AstraZeneca? Come accaduto in Italia, per precauzione. «Tutte le indagini stanno procedendo alla massima velocità per escludere completamente un nesso di casualità. Per stare tranquilli, la rimanente parte del lotto non verrà distribuita né utilizzata per altre vaccinazioni», si legge nel comunicato.

Il lotto ABV5300 non è stato distribuito in Italia, ma in altri 17 Paesi Europei (Austria, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Svezia) per un totale di un milione di dosi. L’Agenzia Europea del Farmaco ha precisato che, oltre all’Austria, anche Estonia, Lituania, Lussemburgo e Lettonia hanno sospeso la distribuzione e le somministrazioni delle dosi parte di quel lotto. Una posizione più forte è stata invece presa dalla Danimarca, che l’11 marzo ha annunciato di avere sospeso completamente la somministrazione del vaccino AstraZeneca.

«Non c’è alcuna volontà di screditare il vaccino AstraZeneca, ma stiamo sospendendo l’utilizzo per un certo periodo di tempo. Ci sono forti evidenze che il vaccino sia sicuro ed efficace. Tuttavia, il ministro della Salute Danese e l’Agenzia Medica Danese devono agire in modo tempestivo di fronte a un potenziale effetto collaterale».

IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE

Le scelte delle autorità sanitarie nazionali sono state prese in via precauzionale. Ciò che ha guidato le decisioni è infatti il principio di precauzione, fissato per la prima volta in una comunicazione della Commissione Europea adottata nel febbraio del 2000 e citato nell’articolo 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Benché il principio sia previsto nel Trattato solo in riferimento alla protezione dell’ambiente, in pratica la portata è molto più ampia, trovando applicazione anche in riferimento alla generica “salute” degli esseri umani, degli animali e delle piante.

La definizione viene data dalla Commissione Europea:

Il principio si precauzione si riferisce a un approccio di gestione del rischio nel caso in cui ci sia la possibilità che una certa policy o una certa azione possano causare danno alla cittadinanza o all’ambiente; se non c’è consenso sulla situazione, la policy o l’azione non devono essere perseguite. Nel caso in cui sopraggiungano più informazioni scientifiche, la situazione può essere oggetto di revisione. Il principio di precauzione può essere invocato solo nei casi di rischio potenziale e non può mai giustificare decisioni arbitrarie.

L’applicabilità del principio dipende dunque da un rischio non determinato connesso a un evento, cioè nel caso in cui un fenomeno, un prodotto o un processo potrebbero avere effetti potenzialmente dannosi, ma non esistono dati scientifici che dimostrino in modo chiaro il rapporto di causa ed effetto tra potenziale rischio e potenziale danno. Ne consegue la necessità di una valutazione scientifica ulteriore e obiettiva, poiché i dati scientifici a disposizione non consentono di giungere a un risultato che permetta di individuare il rapporto rischio-danno con sufficiente certezza.

QUALI SONO I DATI CHE ABBIAMO A DISPOSIZIONE?

Al 12 marzo, secondo i dati EMA, erano stati segnalati in tutta Europa 30 di eventi trombo-venosi su quasi cinque milioni di persone vaccinate con AstraZeneca. Un numero simile a quello del Regno Unito, dove le autorità sanitarie hanno precisato in un rapporto che, su 11 milioni di somministrazioni del vaccino AstraZeneca, i casi di trombosi rilevati sono stati 45 (e 48 per Pfizer/BioNTech). Il dottor Phil Bryan, a capo dell’Agenzia britannica sul controllo dei medicinali, ha precisato che «il numero di casi di trombosi rilevato fino a questo momento non sarebbe maggiore del numero di casi che si sarebbero verificati naturalmente (quindi in assenza di vaccino, ndr) nella popolazione vaccinata».

La situazione viene spiegata da Emanuele Menietti, giornalista del Post, e da Enrico Bucci, docente alla Temple University di Philadelphia, in un articolo pubblicato sul Foglio (i dati sono aggiornati al 9 marzo, ndr). «Se in Italia su 250mila dosi di vaccino del lotto ABV2856 si fossero osservati solo i tre casi descritti, la frequenza di tali eventi sarebbe pari a circa uno su centomila, che è un’incidenza simile ai 22 casi su 3 milioni in Europa». L’analisi viene poi incentrata sul caso del vaccino Jonson&Jonson, in cui, come riporta la Food and Drug Administration, l’Agenzia regolatoria indipendente americana, si sono osservati nei 21.895 vaccinati 15 eventi tromboembolici in 14 partecipanti in fase tre e 10 eventi tra i 21.888 non vaccinati.

«Notiamo quindi che, tra chi ha ricevuto un placebo, si osservano eventi tromboembolici in circa 5 casi ogni 10.000; è evidente che si tratta di una frequenza ben superiore a quella riportata finora nei vaccinati con AstraZeneca in Inghilterra, Italia o Europa», scrive Bucci.

Un dato ribadito anche da Antonella Viola, docente di Patologia Generale all’università di Padova.

https://twitter.com/antonellaviol17/status/1370259423441125378

Sapere leggere i dati significa anche credere in un principio base, cioè che la correlazione non implica la causalità. La correlazione è infatti l’indice che definisce quanto due variabili siano strettamente connesse; la causalità, invece, definisce il rapporto di causa ed effetto che intercorre tra queste due variabili. E lo sviluppo di due variabili in termini di correlazione non presuppone sempre che sussista anche un nesso di causalità. Una correlazione forte può essere indice di causalità, ma potrebbero esserci anche altre spiegazioni:

  • potrebbe essere il risultato di un puro caso, per cui le variabili sembrano correlate ma in realtà non vi è alcuna relazione sottesa.
  • potrebbe esserci una terza variabile nascosta che fa sembrare la relazione più forte (o più debole) di quanto non sia.

Per comprendere meglio, ecco un esempio.

Dal sito tylervigen.com

Nella tabella vengono riportati gli andamenti, in un periodo di tempo di dieci anni, del numero di divorzi nello Stato del Maine (USA) e del consumo pro capite di margarina. Come si può notare, le curve presentano un andamento pressoché sovrapponibile. Esiste dunque una correlazione forte tra i due eventi, ma come potrebbe essere che il consumo pro capite di margarina determini un aumento dei divorzi in Maine? Non esiste alcun rapporto di causalità.

Il rapporto tra i decessi e le somministrazioni del vaccino di AstraZeneca è esattamente questo, sulla base dei dati che abbiamo ora. Nello stesso periodo di tempo si sono verificati due eventi, cioè l’inoculazione di dosi del vaccino e, a poca distanza, la morte di tre persone o eventi trombo-embolici. La correlazione temporale dunque esiste, ma manca, per ora, il nesso di causalità.

Aggiornamento: il 14 marzo la casa farmaceutica AstraZeneca ha pubblicato un comunicato stampa in cui riporta alcuni dati. «Un’attenta analisi di tutti i dati di sicurezza su un campione di oltre 17 milioni di persone vaccinate in Unione Europea e nel Regno Unito con il vaccino Astrazeneca ha mostrato che non ci sono evidenze di un aumentato rischio di embolia polmonare, trombosi venosa profonda o trombocitopenia in alcun gruppo per età, genere, lotto o Paese», si legge. «Fino a ora si sono verificati in UE e UK 15 eventi di trombosi venosa profonda e 22 eventi di embolia polmonare tra coloro che avevano ricevuto la somministrazione […] Si tratta di un numero molto più basso di quanto ci si attende che accada naturalmente nella popolazione generale ed è simile tra gli altri vaccini COVID-19».

LA COMUNICAZIONE DI ASTRAZENECA

La casa farmaceutica AstraZeneca ha pubblicato l’11 marzo un comunicato stampa in merito alle segnalazioni di eventi avversi. «Da un’analisi dei nostri dati di sicurezza su oltre 10 milioni di somministrazioni – si legge – non è emersa alcuna prova di un aumento del rischio di embolia polmonare o trombosi venosa profonda in qualsiasi gruppo di età, sesso, lotto o in qualsiasi paese in cui è stato utilizzato il vaccino AstraZeneca contro COVID-19. Il numero di questi eventi osservati è significativamente inferiore nei soggetti vaccinati rispetto al numero osservato nella popolazione generale». Viene inoltre precisato che l’azienda sta collaborando con le autorità sanitarie e regolatorie che stanno procedendo agli accertamenti necessari, cioè EMA e AIFA.

Il professore Roberto Burioni ha commentato in un post su Facebook il comunicato della casa farmaceutica

Mi spiace ma non dirò una parola sui problemi relativi al vaccino AstraZeneca. E' compito della casa farmaceutica…

Posted by Roberto Burioni, Medico on Thursday, March 11, 2021

L’assenza di risposte veloci e pronte smentite causa un vuoto informativo che può facilmente essere riempito da notizie false. E generare, così, una sfiducia diffusa nella scienza e nei vaccini. È proprio per questa ragione che il ministero della Salute Danese ha indicato come necessaria la sospensione della somministrazione, poiché «è importante che la popolazione abbia fiducia nei vaccini disponibili e che si fidi di noi per garantire la qualità, l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e del programma vaccinale».

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