Passaporto di immunità: cos’è e come funziona, la proposta UE

Un passaporto di immunità per poter tornare a viaggiare? L’Europa si sta muovendo tra dubbi e problemi tecnici. Ecco cos’è e come funziona.

pubblicato 26 Febbraio 2021 aggiornato 1 Marzo 2021 09:04

La discussione sul passaporto di immunità si sta facendo sempre più viva con l’avanzamento della campagna di vaccinazione contro il COVID-19, che almeno in Europa sta procedendo a rilento anche a causa dei ritardi nelle consegne dei vaccini. Se ne parla ormai da mesi e nelle ultime settimane Israele ha introdotto qualcosa di simile, anche se limitatamente agli spostamenti all’interno del Paese.

A livello europeo qualcosa inizia a muoversi dopo mesi di accenni alla necessità di fissare uno standard per un passaporto di immunità che permetta a chi è già stato vaccinato contro il COVID-19 o a chi ha già contratto l’infezione di muoversi più o meno liberamente in tutto il territorio europeo. Ieri, in apertura del nuovo Vertice UE, i leader europei sono tornati a sollevare la questione alla luce delle chiusure dei confini imposti da alcuni Paesi, a cominciare dalla Germania che ha imposto misure restrittive per chi entra nel Paese.

Chiudere i confini nazionali significa fermare non soltanto la circolazione del virus, ma anche il turismo e quindi l’economia di quei Paesi che vivono in parte o gran parte anche grazie al turismo. Istituire un passaporto di immunità permetterebbe la ripresa degli spostamenti e darebbe una nuova sferzata all’economia dei Paesi UE e a tutti quei settori che vivono di turismo.

Passaporto di immunità. La proposta dell’UE

La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha fissato ieri una finestra entro la quale il passaporto europeo di immunità dovrà essere messo a punto. Tre mesi che serviranno allo sviluppo tecnico di questo nuovo documento che dovrà essere valido in tutto il territorio europeo: “C’è molto lavoro da fare a livello europeo e molto lavoro lavoro per gli Stati Membri a livello nazionale“.

Tutto è ancora da definire e i parametri da tenere in considerazione sono molti, ma l’obiettivo dell’UE è quello di definire uno standard per un passaporto di immunità valido per chi è stato vaccinato, per chi ha già gli anticorpi contro il virus e anche per chi presenta un test molecolare negativo.

Nelle intenzioni dell’Europa ci sarebbe la creazione di una piattaforma digitale per la gestione dei passaporti di immunità e per permettere controlli rapidi alle frontiere.

I dubbi da chiarire sul passaporto di immunità

Se Paesi come la Spagna e la Grecia hanno sposato in toto la linea di un passaporto di immunità, dalla Germania c’è ancora un po’ di scetticismo. E i dubbi sollevati dalla cancelliera di Angela Merkel sono più che leciti:

Siamo tutti d’accordo sul fatto che abbiamo bisogno di certificati vaccinali. In futuro sarà certamente una cosa buona avere un certificato di questo tipo, ma ciò non significa che solo chi ha un passaporto del genere potrà viaggiare.

Quanto dura la copertura per chi ha contratto l’infezione? E quanto dura la copertura per chi è stato vaccinato? E come fare per quei cittadini che vorrebbero vaccinarsi ma non possono farlo perché non fanno parte delle categorie a cui si sta dando la massima priorità? E, soprattutto, siamo sicuri che chi può dirsi vaccinato contro il COVID-19 non sia in grado di infettare gli altri se portare del virus?

La scienza oggi non è in grado di darci ancora certezze su questi aspetti e anche per questo motivo il Green Pass lanciato da Israele ha una validità limitata: 30 giugno 2021, poi si vedrà come procedere sulla base delle nuove evidenze scientifiche che saranno arrivate in questi mesi.

Questo è lo scoglio più difficile da superare. Quanto la documento vero e proprio possiamo prendere ispirazione da qualcosa che abbiamo già: il certificato internazionale di vaccinazione contro la febbre gialla, obbligatorio per l’ingresso in alcuni Paesi del Mondo. Un libretto di 14 x 9 centimetri che viene rilasciato dai centri di vaccinazione autorizzati in tutti i Paesi del Mondo – Italia inclusa – ed è riconosciuto dai Paesi in cui è obbligatorio il vaccino contro la febbre gialla.

La differenza sostanziale, però, è che il vaccino contro la febbre gialla consiste in una sola dose ed offre una copertura a vita, come stabilito dall’Organizzazione Mondiale di Sanità. Per il COVID-19, non avendo alcuna certezza sulla durata della protezione sia per chi ha già contratto l’infezione sia per chi è stato vaccinato, occorrerà adottare un approccio diverso con certificazioni da rinnovare periodicamente.

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