Ceuta ci ricorda che quella dei migranti è una questione europea

Tra le exclavi spagnole in Marocco e gli sbarchi a Lampedusa, l’aumento dei flussi migratori costringe l’Ue a nuove riflessioni

20 Maggio 2021 17:20

L’immagine simbolo di questi giorni è nello stesso tempo devastante e di speranza, ed è quella del militare della Guardia Civil spagnola che salva un neonato dall’acqua. I fatti: negli ultimi giorni sono aumentati a dismisura gli arrivi a Ceuta, exclave di Madrid in Marocco, di migranti provenienti dal confinante Paese africano. Sono circa 8mila quelli che hanno attraversato la frontiera, ma più della metà sono già stati espulsi. Non i minori, circa 1500, che invece sono rimasti a Ceuta. Tra loro, anche il bambino di due mesi protagonista a sua insaputa. “Era freddo, gelato, non si muoveva, non sapevo se fosse vivo o morto”, ha detto Juan Francisco Valle, l’agente che lo ha portato in salvo. Il bimbo fortunatamente sta bene. Il tutto si è concluso in tempi relativamente brevi, anche perché dalla capitale il primo ministro Pedro Sanchez ha inviato anche i carri armati dell’esercito, che hanno aiutato le forze dell’ordine già presenti sul posto.

La ritorsione del Marocco

Quella di Ceuta e di Melilla, la seconda exclave spagnola in Marocco (il cui confine è stato comunque bersaglio di attraversamenti, ma con numeri molto inferiori) è una storia lunga e periodica, che torna puntualmente d’attualità ad ogni tentativo di “salto”. I confini sono separati da muri alti fino a 10 metri e da filo spinato, e barriere fisiche ci sono anche sott’acqua e per decine di metri nel Mediterraneo. Questo, però, non impedisce a migranti di ogni parte dell’Africa, dal Nord a quella subsahariana, di provare ad entrare in Europa. Spesso, sono in tanti e tutti in una volta a provare i “salti“, per impedire alle forza dell’ordine marocchine e spagnole di fermare ed espellere tutti. Il tentativo di attraversamento dei giorni scorsi, invece, è stato fatto via mare.

Ma come è stato possibile? Per capirlo, bisogna fare un salto indietro di qualche settimana. A fine aprile, i servizi segreti marocchini hanno scoperto che Brahim Ghali, leader del Fronte Polisario, era stato ricoverato in una struttura spagnola per “motivi umanitari”. Malato di Covid, aveva ricevuto l’assistenza – e continua a ricevere – l’assistenza dell’ospedale di Logroño.

Anche qui, serve un breve passo indietro: da più di 40 anni il Marocco ha occupato militarmente il Sahara Occidentale, confinante con la Mauritania e posta di fronte alle Isole Canarie. La regione, ufficialmente, non fa parte della giurisdizione di Rabat: è considerata dall’Onu come “territorio non autonomo“, e le stesse Nazioni Unite riconoscono il gruppo politico e paramilitare del Fronte Polisario come legittimo rappresentante del popolo sahrawi. Al termine di lunghi scontri tra il Fronte e l’esercito regolare marocchino, nel 1991 fu firmato un cessate il fuoco che è durato per quasi 30 anni. Proprio a novembre, il gruppo guidato da Ghali ha ripreso le ostilità nei confronti dei militari marocchini. Nessun Paese occidentale riconosce il Sahara Occidentale sotto la giurisdizione del Marocco, a parte gli Stati Uniti, che con Donald Trump decisero di giocarsi questa carta nell’ambito della normalizzazione dei rapporti tra il Paese nordafricano e Israele.

La Spagna, che oltre ad avere due exclavi in Marocco è stata anche potenza coloniale sul Sahara Occidentale, non riconosce l’autorità di Rabat sulla regione, ma non è questo ad aver fatto scattare la scintilla. La protezione di Ghali, nemico pubblico numero uno, è stata però vista come un affronto, e a fine aprile l’ambasciatrice spagnola in Marocco è stata richiamata per chiedere spiegazioni. I rapporti tra i due Paesi sono molto tesi, e il lassismo con cui le forze dell’ordine marocchine hanno gestito gli ultimi tentativi di attraversamento della frontiera con Ceuta possono essere letti come una ritorsione.

Dove va l’Europa sui migranti?

L’Europa ha letto il gioco di Rabat e ha subito rilanciato. Il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas ha ricordato che il confine di Ceuta “è un confine europeo. Piena solidarietà alla Spagna”, ha detto. “Ora – aggiunge – abbiamo bisogno del Patto per una politica migratoria europea: accordi con Paesi terzi, una robusta protezione dei nostri confini, solidarietà tra gli Stati membri e una politica di migrazione legale”.

E la stessa cosa ha ribadito anche il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel: “Tutto il nostro sostegno e solidarietà alla Spagna. Le frontiere della Spagna sono quelle dell’Ue. Cooperazione, fiducia e impegni condivisi dovrebbero essere i principi di una forte relazione tra l’Unione europea ed il Marocco“.

I recenti fatti di Ceuta e Lampedusa hanno risvegliato l’Europa sulla questione migratoria: l’approccio della legislazione corrente sembra quello di voler sostanzialmente chiudere i confini dei Paesi di partenza, concludendo con quei Paesi accordi simili a quello fatto nel 2016 con la Turchia. Ad aprile, Michel e la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si recarono ad Ankara proprio per ridiscuterne con Erdogan, nell’incontro passato alla storia per il sofa-gate.

I flussi tra Africa e Unione europea sono in crescita da tempo: nei primi mesi del 2021, in Italia, gli sbarchi hanno già superato quota 13mila, mentre in Spagna già 22mila persone sono sbarcate sulle Isole Canarie. Il Paese iberico non vedeva numeri così alti dal 2006, mentre da noi questi dati sono di circa 10 volte più grandi rispetto a quelli di 2 anni fa.

La pandemia ha inevitabilmente impoverito ancora di più i Paesi in difficoltà, con il conseguente aumento delle partenze verso l’Europa. Per fare un esempio, in Tunisia il settore turistico ha subito una contrazione del 98%, con conseguente pesantissime sul Pil, a cui il turismo contribuisce per più del 10%.

Mentre la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha chiesto a Bruxelles (ma senza ottenere risposte) di mettere a punto un sistema di ridistribuzione dei migranti su base volontaria, l’Europa si prepara a rivedere del tutto quella strategia, che ricalcherebbe gli accordi di Malta, in favore di una sorta di “appalto esterno” della questione al di fuori dei confini Ue. Intanto, come riporta Repubblica, l’Italia starebbe mettendo a punto degli accordi con la Libia che ricalcherebbero il “partenariato” firmato da Gheddafi e Berlusconi nel 2008, un sistema messo a punto per mettere in sicurezza le frontiere libiche ed impedire il più possibile le partenze.

 

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