Per pensionati e dipendenti tredicesima più leggera per colpa del Covid

Per 34 milioni di italiani quest’anno la tredicesima sarà più bassa e questo avrà conseguenze negative su tutta l’economia italiana.

28 Novembre 2020 15:05

Oltre il danno, la beffa per tantissimi lavoratori dipendenti e pensionati che quest’anno, tra tutte le difficoltà che ci sono state, c’è anche una tredicesima più leggera. E se è vero che, in ogni caso, chi la percepisce è certamente più fortunato di chi non ha neanche quella, è anche vero che le tredicesime più basse per queste categorie avranno delle ripercussioni anche su altri settori. Il perché lo spiega il coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre Paolo Zabeo:

Il Covid, purtroppo, ha alleggerito le tredicesime di tanti dipendenti del settore privato. Dall’inizio dell’emergenza, infatti, almeno 6,6 milioni di lavoratori sono finiti in cassa integrazione e molti di questi a zero ore. Questa situazione non ha consentito a tante persone di maturare il rateo mensile che definisce economicamente la gratifica, alleggerendone quindi l’importo finale di circa 100 euro per ogni mese di indennità ricevuta. Con meno soldi a disposizione e tanta sfiducia che assilla le famiglie italiane, gli acquisti di Natale rischiano di subire una contrazione fino al 15 per cento. Se l’anno scorso la spesa complessiva ha sfiorato i 10 miliardi di euro, quest’anno potrebbe scendere a 8,5-9 miliardi, una riduzione che rischia di penalizzare soprattutto le botteghe artigiane e i negozi di vicinato che faticano a reggere la concorrenza sempre più spietata del commercio online.

Secondo i calcoli dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, quest’anno per 34 milioni di tredicesime, di cui 16 milioni ai pensionati e 18 milioni a lavoratori dipendenti, saranno spesi 30 miliardi di euro, ossia 3 miliardi in meno dell’anno scorso e da questi pagamenti il Fisco incasserà 10,4 miliardi di euro di ritenuta Irpef.

Renato Mason, segretario della Cgia di Mestre, spiega che l’Italia è ormai a rischio deflazione:

Con l’aumento dei risparmi privati e la caduta verticale dei consumi delle famiglieil Paese sta scivolando pericolosamente verso la deflazione. Dallo scorso mese di maggio, infatti, l’indice dei prezzi al consumo è negativo. La deflazione, ricordiamo, si manifesta attraverso una progressiva contrazione dei prezzi dei beni e dei servizi. Apparentemente la cosa può sembrare positiva: se i prezzi scendono, i consumatori ci guadagnano. Nella realtà le cose assumono una dimensione completamente diversa: nonostante i prezzi siano in calo, le famiglie non acquistano, a causa delle minori disponibilità economiche e delle aspettative negative, quel poco che viene venduto comporta, per i negozianti, margini di guadagno sempre più contenuti. La merce invenduta innesca una situazione di difficoltà per i commercianti, ma anche per le imprese manifatturiere che, a fronte delle mancate vendite, sono costrette a ridurre la produzione e in prospettiva anche l’occupazione.

Le regioni con più percettori di tredicesima

Vediamo una sorta di classifica delle regioni in cui sono presenti più percettori di tredicesima:

  • Lombardia: 6 milioni e 200mila
  • Lazio: 3 milioni e 287mila
  • Veneto: 2 milioni e 956mila
  • Emilia Romagna: 2 milioni e 821mila

E vediamo anche la classifica “in negativo”, ossia le regioni in cui ci sono meno percettori di tredicesima:

  • Valle D’Aosta: 77mila
  • Molise: 160mila
  • Basilicata: 290mila
  • Umbria: 532mila

Come è lampante, contano molto anche le dimensioni delle regioni, per cui quelle più grandi e con più abitanti hanno più persone con tredicesima, mentre quelle più piccole ne hanno di meno. Rapportando il numero di tredicesime al numero di abitanti probabilmente resterebbero Lombardia e Lazio al comando, perché regioni in cui ci sono più persone regolarmente contrattualizzate, mentre noteremmo in molte regioni del Sud numeri bassi a causa della mancanza di contratti regolari che prevedano la tredicesima.

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