Rugby & Professionismo: club vs. federazioni, è scontro finale
La battaglia attorno al futuro della Heineken Cup è una battaglia tra chi ha comandato per un secolo – le federazioni – e chi ha i soldi – cioè i club.
Soldi, meritocrazia, ma soprattutto potere. La battaglia che si sta giocando attorno alla Heineken Cup ha tante motivazioni, da un lato e dall’altro, ma quel che appare evidente è che si tratta del primo, vero, strappo nel mondo ovale dall’introduzione del professionismo.
Da un lato i club (francesi e inglesi in primis, ma non solo, ndr.), dall’altra le federazioni (celtiche, ma anche qui non solo, ndr.). Uno scontro non casuale e che è solo l’ultimo di una lunga serie.
Per oltre un secolo, infatti, a governare il mondo ovale erano le Federazioni, con il Sei Nazioni e gli incontri internazionali a essere il vero motore economico del rugby, mentre il lavoro dei club era più oscuro, dietro le quinte, “povero”, seppur fondamentale e vitale per la palla ovale. Poi arrivò il professionismo e iniziarono a girare i soldi. Molti soldi. Per la maggior parte messi sul banco dai club. Francesi e inglesi in primis.
E, così, non è una novità se negli ultimi anni i presidenti del club di Top 14 e Premiership hanno messo i bastoni fra le ruote alle rispettive federazioni quando si parla di convocazioni nazionali, protestando vivacemente se un loro giocatore torna infortunato dai test internazionali. Perché viene pagato dai club, e tanto.
Insomma, a far girare la baracca, dicono i club, sono i soldi dei club e, dunque, vogliono maggior voce in capitolo. E se non possono averla in campo internazionale – cioè per i test match e il Sei Nazioni -, che l’abbiano almeno nei tornei che li coinvolgono. Heineken Cup, dunque.
Lo ha detto chiaramente ieri Mark McCafferty “La Heineken Cup è un torneo per club e a decidere dovrebbero essere i club”. Insomma, soldi, meritocrazia, certo, ma non solo. L’assurdo dell’ERC – secondo LNR e PRL – è che al tavolo si siedano i rappresentanti dei club e quelli delle federazioni, quando in ballo c’è il destino dei club, non delle federazioni.
Più peso politico, visto che anno dopo anno ci mettono più soldi. Questo chiedono i club francesi e inglesi (ed ecco perché i celtici tentenano, troppo legati alle rispettive federazioni, ma con dei distinguo – vedi Treviso, ndr. -, e condannati dall’assenza di leghe di club) e questo avverrà. Ormai il dado è tratto e tutti sanno che la corda non va tirata troppo. Se no il castello rischia di crollare e coinvolgere anche il Sei Nazioni, oltre a – evidentemente e finalmente – rimettere in discussione anche a livello nazionale i rapporti tra club e federazioni.
Quello che si sta giocando in Europa è il primo, vero, scontro dell’era professionistica del rugby. I giocatori in campo sono ben chiari e le differenti posizioni pure. E, anche, chi economicamente ha il coltello dalla parte del manico. E di sicuro non lo sono le federazioni, men che meno quelle di Irlanda, Scozia e soprattutto Galles e Italia. Almeno al di fuori dei propri confini. Ma questa guerra potrebbe cambiare le cose anche lì.
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