Marina Berlusconi scrive al Giornale e attacca Ingroia e i media
“E’ stato un inferno mediatico”
Quale fosse la ragione per cui il 9 luglio i pm di Palermo hanno deciso di convocare Marina Berlusconi nell’ambito della trattativa Stato-Mafia ce lo siamo chiesto in tanti, ma che un interrogatorio in qualità di “persona offesa” e “persona informata dei fatti” potesse trasformarsi in un inferno mediatico – in cui la Berlusconi è stata vittima di una mostruosa macchina di sospetti e insinuazioni – non ce lo saremmo aspettati. Eppure le cose sono andate così. O meglio: questa è la versione che la figlia prediletta di Silvio Berlusconi ha raccontato in una lettera al quotidiano di famiglia, il Giornale.
Vorrei raccontare una storia che qualcuno chiamerà di giustizia ma che rappresenta l’esatto contrario di quella che io ritengo dovrebbe essere la giustizia. Niente di nuovo, per carità e purtroppo, ma un problema di tutti, un problema che mina le fondamenta del vivere civile. Ma perché la Procura di Palermo è interessata a sentire proprio me su questo cumulo di assurdità? Sempre dai giornali apprendo che si parla di un conto cointestato mio e di mio padre, da cui sarebbero partiti due dei bonifici indirizzati a Dell’Utri e a suoi famigliari. Io però di questo conto non ricordo neppure l’esistenza. Faccio le verifiche, e in effetti emerge che è esistito fino a sette anni fa, anche se non ne ho mai avuto la disponibilità. Che cosa devo andare a dire allora alla Procura di Palermo? Che di questo conto non ricordo assolutamente nulla? Che peraltro non trovo nulla di strano nel fatto che mio padre senta, direi, il dovere di sostenere un prezioso collaboratore il quale è improvvisamente sprofondato in un incubo che da quasi vent’anni lo costringe a trascinarsi da un tribunale a una Procura, un incubo che gli ha rovinato non solo la carriera ma anche la vita, un incubo che è guarda caso comparso in contemporanea con la discesa in campo di mio padre? È la pura verità.
Da notare come Marina Berlusconi abbia appreso completamente le doti affabulatorie del padre e le ricicli con perizia. Per cui “la giustizia è il contrario di quello che dovrebbe essere”, l’inchiesta su Dell’Utri è causata dalla macchina giudiziaria che lotta contro Berlusconi, Dell’Utri all’improvviso deve trascinarsi da un tribunale a una procura, come se vivessimo in un mondo kafkiano in cui uno viene perseguitato dai pm senza che mai si scopra la ragione. No, la ragione c’è: Dell’Utri è stato indagato, condannato, assolto, per avere avuto rapporti diretti con la mafia. E Marina Berlusconi è stata convocata perché molti soldi destinati a Dell’Utri sono partiti da un conto intestato anche a lei. Perché questo dovrebbe essere un “cumulo di assurdità”?.
Ma dalla contestazione nel merito dell’inchiesta, nella lettera la Berlusconi passa a contestare il metodo e la gogna mediatica a cui si è sentita sottoposta:
Rispondo a tutte le domande (una ventina di minuti complessivamente), riparto senza dire nulla- rispettosa del segreto di indagine – alla stampa che qualcuno mi ha fatto trovare schierata in forze all’uscita. Risultato? Nel giro di poche ore mi vedo precipitata nell’inferno mediatico. Nei tg della sera la mia foto si mescola con quelle dei boss e di orribili stragi, tutto tenuto insieme da una parola che mi mette i brividi solo a pronunciarla: mafia. Peggio avviene con i giornali di stamane. Ben forniti dai soliti noti «ambienti giudiziari» di mezze verità e bugie intere, mi descrivono come una teste evasiva o che aveva l’unica preoccupazione di evitarsi problemi. Eccola qui l’alternativa folle, assurda, inaccettabile: o menti, raccontando quello che da te si vorrebbe sentire anche se non è vero, o dici la verità e allora cominciano a circondarti il sospetto e le insinuazioni. E ricordiamoci che stiamo parlando di quanto c’è di più terribile, la mafia.
Quale tortura! Venti minuti di interrogatorio con quell’inquisitore pazzo di Ingroia e i suoi collaboratori per poi trovarsi affiancata alle immagini di boss e stragisti. Come se gli italiani non fossero in grado di distinguere tra chi quelle stragi le ha ordinate e chi viene interrogato solo perché potrebbe conoscere fatti rilevanti. Signora Berlusconi, nessuno pensa che le sia una mafiosa e se viene definita teste vaga è solo perché le sue risposte sono state vaghe, com’era inevitabile che fosse visto che – come dice lei – non sapeva e non ricordava di cosa si stesse parlando. Non c’è nessuna insinuazione in questo.
Questa degenerazione non è un problema di singoli, pochi o tanti che siano, ma un problema di tutti, un problema che mina le fondamenta del vivere civile. Che cosa ha a che vedere tutto questo con la giustizia? A che cosa servono le regole e le norme approntate proprio per evitare soprusi se, anche quando vengono formalmente rispettate, basta di fatto un articolo di giornale ad aggirarle e vanificarle? E questa mostruosa macchina è compatibile con il funzionamento della democrazia?
Che la presidente del primo gruppo editoriale italiano scriva una lettera a un Giornale di proprietà della sua famiglia – Giornale che ha causato le dimissioni di un direttore per un’informativa falsa (Boffo) e fatto centinaia di titoli per casi che sono finiti nel nulla (Telekom Serbia e il faccendiere Marini, il caso Mitrokhin, la casa di Montecarlo di Fini) – per lamentarsi degli intrecci tra media e giustizia fa un po’ ridere e un po’ pena. Ma a parte questo, la “mostruosa macchina” ha semplicemente convocato a Palermo Marina Berlusconi per un interrogatorio che poi i giornali hanno raccontato ognuno secondo il proprio punto di vista (e infatti Il Giornale l’ha difesa). Che cosa mina le fondamenta del vivere civile? Cosa c’è di incompatibile con il funzionamento della democrazia?
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