VI Municipio, sì al registro delle famiglie anagrafiche (anche gay)
Roma fa un passo avanti nel campo dei diritti civili? Bella domanda. Sta di fatto che mentre a livello nazionale i politici stanno ancora discutendo sul da farsi, il VI Municipio capitolino è passato ai fatti approvando – a maggioranza assoluta – un ordine del giorno per permettere la certificazione delle “famiglie anagrafiche”.Una notizia che
Roma fa un passo avanti nel campo dei diritti civili? Bella domanda. Sta di fatto che mentre a livello nazionale i politici stanno ancora discutendo sul da farsi, il VI Municipio capitolino è passato ai fatti approvando – a maggioranza assoluta – un ordine del giorno per permettere la certificazione delle “famiglie anagrafiche”.
Una notizia che – sono certo – farà contenti i nostri amici di Queerblog ma non solo, dato il numero di persone che si è mostrata favorevole da tempo a una scelta di questo tipo. La mozione, che segue di poco una analoga iniziativa del Comune di Padova, riguarderà circa 130.000 cittadini romani sparsi fra i quartieri Prenestino, Casilino e Tuscolano, coinvolgendo anche un quartiere ad alta concentrazione omosessuale come il Pigneto.
Nella delibera – approvata da esponenti di DS, Margherita, PRC, RnP e Verdi – l’amministrazione richiede ai registri anagrafici di attrezzarsi per il rilascio di documentazioni che certifichino la presenza di una cosiddetta “famiglia anagrafica”. In questo modo, i residenti del municipio uniti da un vincolo affettivo (matrimoniale e non), di parentela, di adozione o di tutela potranno sancire ufficialmente il proprio legame.
Un provvedimento che ha sì una valenza simbolica – come giustamente afferma il Presidente dell’Arcigay Lazio, Fabrizio Marrazzo – ma che permette anche a chi ne fruisce alcuni diritti già in possesso delle coppie sposate, come i permessi di lavoro retribuiti per l’assistenza sanitaria del partner, o un più banale diritto di visita del partner in ospedale.
Diritti che sembra assurdo debba essere una legge a sancire, ma “siamo in Italia, baby”: da noi serve anche questo. Eccome, se serve.
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